Kaulonia - Tempio Dorico

Kaulonia – Tempio Dorico

L’esatta ubicazione di Kaulonia, nei pressi dell’odierna Monasterace Marina (RC), fu magistralmente riconosciuta da Paolo Orsi nel 1891. L’archeologo di Rovereto (che tra il 1911 e il 1916 individuò tra l’altro il percorso delle mura cittadine, ed esplorò la necropoli Nord-Ovest e un ricchissimo deposito extraurbano di terrecotte architettoniche sulla collina della Passoliera) dedicò tre lunghe campagne, nel 1912, 1913 e 1915, allo scavo dei resti di un monumentale tempio dorico in località Punta Stilo, da lui scoperto nel 1911 su indicazione del Marchese A. Lucifero. Gli scavi di Orsi misero in luce le fondazioni di un grande tempio periptero di età classica e dell’altare ad Est di questo, ed una monumentale gradinata a Nord. Seguirono lunghi decenni in cui il tempio fu oggetto soltanto di rinvenimenti casuali o di piccoli occasionali interventi di sistemazione, fino ai saggi di B. Chiartano negli Sessanta del XX secolo, che misero in luce i basamenti di alcuni altari o piccoli edifici a Sud del tempio, e a quelli di E. Tomasello nel 1970-1971, che proseguirono l’indagine nell’area ma senza carattere sistematico o estensivo.
Gli scavi nell’area del tempio dorico sono ripresi nel 1999 ad opera del Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico della Scuola Normale di Pisa e del Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa, sotto la direzione della prof.ssa M.C. Parra. Gli scavi, che si svolgono con cadenza annuale, hanno permesso di indagare l’area sacra in maniera approfondita ed estensiva, così da poter finalmente oltrepassare la lettura di singoli monumenti isolati. L’obiettivo è di giungere ad una visione integrale del contesto, caratterizzato non solo da edifici ma anche da un tessuto di testimonianze di attività cultuali a carattere non monumentale, espressioni di religiosità quotidiana, particolarmente significative ai fini di una ricostruzione complessiva della vita del santuario. Inoltre, le nuove ricerche al santuario di Punta Stilo (che si sono avvalse dell’ausilio di un GIS appositamente realizzato) hanno dato l’avvio ad una fruttuosa stagione di studi ad ampio respiro sull’antica polis, tra cui segnaliamo la pubblicazione di due voluminose raccolte di studi a carattere monografico, a cura di M.C. Parra (Kaulonía, Caulonia, Stilida (e oltre). Contributi storici, archeologici, e topografici, I e II, vedi sotto).


AREA DEL TEMPIO DORICO

I nuovi scavi hanno apportato significativi risultati. Un saggio nella fascia più prossima alle fondazioni del tempio, a Sud del medesimo, ha rivelato un’area cultuale obliterata poi dal crollo del tempio stesso. Gran parte dell’area risulta interessata da una fase di sistemazione della terrazza templare, che ha comportato il livellamento di strati contenenti abbondante materiale laterizio concotto, insieme a numerosissimi frammenti di bronzo, alcuni dei quali relativi ad armi (elmi e scudi) o ad elementi decorativi (quale ad es. una lamina con decorazione a palmetta). Questi materiali sembrano riconducibili ad attività artigianali legate alla vita del santuario in epoca anteriore alla costruzione del tempio classico.
In quest’area, inoltre, sono state portate in luce tre cassette, oltre ad una quarta più a Sud, realizzate con tegole disposte di taglio. Le cassette, indicate da vari segnacoli e riferibili a più fasi di vita del santuario fin da età arcaica, sono tutte di forma grossomodo quadrata, con le stesse dimensioni e orientamento, senza coperchio né fondo e prive di materiale all’interno. Una di esse conserva ancora in situ due cippi litici infissi nel terreno e una lastra in pietra (usata come trapeza, ossia tavola per offerte) posta ad un angolo. Non è da escludere che i segnacoli di quest’ultima siano ceppi d’ancore riutilizzati, come documentato in contesti simili. La cassetta situata più ad Est è adiacente a una base calcarea provvista di un incasso foderato in piombo per l’inserimento di un ex voto. Al di sopra della base erano deposti due pugnali.
Si segnala poi il ritrovamento di una parte del crollo dell’alzato del tempio, in prossimità dell’angolo Sud-Est di questo. Gli elementi architettonici del tempio crollarono al di là di un muro di sostruzione, travolgendone i filari superiori e accumulandosi lungo il suo lato Est. Essi sono pertinenti alla parte superiore della trabeazione dell’angolo Sud-Est del tempio. I materiali restituiti da questo crollo sono abbastanza eterogenei, segno che esso dovette interessare anche altre strutture presenti nel santuario. Si segnalano, tra gli altri, un coppo di culmine dipinto, un gocciolatoio a protome leonina anch’esso dipinto, frammenti di sculture in marmo pario, numerosi frammenti di acroterio a girali vegetali, antefisse gorgoniche, un frammento di lastra calcarea raffigurante un serpente ad altorilievo. Al di sotto del crollo, uno strato con un accumulo di centinaia di frammenti di tegole ha restituito alcuni frammenti di blocchi architettonici (tra cui frammenti di cornice modanata di stucco), un frammento di blocco lapideo di piccole dimensioni con iscrizione osca in caratteri greci (Vezeis: dedica a Venus?) e un secondo frammento di lastra in calcare con parte del corpo di un serpente scolpita ad altorilievo, in tutto simile al primo.
Un secondo saggio ad Est del tempio ha evidenziato piccole porzioni di massicciata relative al basamento del medesimo. Inoltre, direttamente sulla massicciata stessa, si imposta un altare più antico, datato in epoca arcaica sulla base dei pochi materiali rinvenuti, tra i quali spicca un’erma itifallica.  Ad Est degli altari, un piccolo saggio praticato attraverso la duna costiera ha permesso di identificare alcune strutture di sostruzione in opera isodoma, molto ben conservate, che delimitavano ad Est la terrazza del tempio.
Vicino alla gradinata di sostruzione settentrionale del tempio, infine, un ulteriore saggio ha messo in luce una vasca di uso sacrale ricolma di brocche e di anforette con fondo forato, molto probabilmente rotte intenzionalmente per scopi cultuali. Di forma rettangolare (2,90 x 2,00 m e profonda 45-50 cm ca.), la vasca era costituita da tegole piane infisse di taglio come pareti e disposte orizzontalmente sul fondo, che in una piccola porzione centrale ospitava un grosso contenitore tagliato intenzionalmente a metà a formare un piccolo bacino. Sul lato Nord tre gradini di pietra consentivano l’ingresso alla vasca. Poco più a Nord della vasca si collocano una serie di strutture, forse abitative, non anteriori alla metà del III sec. a.C., momento di rifunzionalizzazione del santuario.

 

AREA DEL GRANDE ALTARE

Le indagini svoltesi nel corso degli anni nell’area più a Sud del santuario hanno portato in luce una serie di edifici e strutture minori, oltre che piccoli contesti devozionali pertinenti alle diverse fasi d’uso dell’area. I recenti scavi hanno permesso di completare l’indagine relativa al grande altare in blocchi isodomi di calcare di circa m 15 di lunghezza per 5 di larghezza, già parzialmente messo in luce a Sud del tempio dorico. L’altare, di cui non si conserva l’alzato, presenta un corpo rettangolare con tre gradini lungo il lato occidentale e tre avancorpi, uno centrale e due alle estremità, probabilmente aggiunti in un secondo tempo. L’impianto dell’altare sembra collocarsi nella prima metà del V sec. a.C., mentre la sua obliterazione si data alla prima metà del IV sec. a.C. Altre strutture con orientamento divergente e realizzate in un calcare di colore rosa sono obliterate dall’altare di età classica e ne testimoniano una fase più antica, di età arcaica. L’altare non appare al momento in connessione con nessun edificio templare. Si potrebbe dunque pensare che si tratti di un altare autonomo, anche se non si può escludere che un edificio sacro correlato con l’altare sia stato in parte o del tutto smantellato in occasione della costruzione della SS 106, che corre a poche decine di metri. Alcuni blocchi lapidei con anelli metallici, utilizzati quasi certamente per legare animali, e forse anche il cosiddetto “coperchio di teca” rinvenuto nell’angolo Nord-Ovest dell’altare, suggeriscono la presenza di dispositivi per i sacrifici che dovevano svolgersi nell’area. Anche sul lato opposto, quello orientale, gli scavi hanno riportato in luce accumuli di resti dei sacrifici, rappresentati da un’enorme quantità di frammenti di ossa combuste. Sempre sullo stesso lato fenomeni di cedimento della duna costiera, che compromettevano la statica dell’altare, costrinsero alla realizzazione di possenti muri di contenimento del terreno su cui era impostato l’altare stesso. Negli scavi sono stati rinvenuti, oltre ad un blocco recante un’iscrizione in caratteri greci arcaici, due frammenti di ceramica con iscrizioni graffite, tra cui uno recante il graffito Afr […]. Quest’ultimo è stato ritrovato nei pressi di un cippo attorno al quale erano presenti i resti di numerosi contenitori in ceramica, forse destinati ad attività cultuali. L’iscrizione, molto verosimilmente, è da riconnettere al nome di Afrodite, divinità che dunque doveva essere venerata nel santuario.
A Sud del grande altare si è inoltre individuata un’area artigianale molto probabilmente destinata ad attività metallurgiche e da connettere alle pratiche di culto effettuate nel santuario. Oltre ad una cassetta litica e a resti di possenti strutture di terrazzamento nella fascia orientale, si sono rinvenuti in tutta l’area numerosi oggetti votivi in bronzo interi e frammentari (tra cui un bronzetto di offerente, due cavallini, una ruota di carro, un caduceo miniaturistico, numerose lamine di bronzo in forma di foglia di alloro e ulivo, ecc.), una matrice di fusione, scorie e frammenti di lamine bronzee ripiegate, che attestano la pratica di rifondere oggetti metallici non più in uso.

Per saperne di più:
- M.C. Parra (Kaulonía, Caulonia, Stilida (e oltre). Contributi storici, archeologici, e topografici, I, Pisa 2001 [2002] (Quaderni ASNP, 11-12).
- M.C. Parra (Kaulonía, Caulonia, Stilida (e oltre). Contributi storici, archeologici, e topografici, II, Pisa 2004 [2007] (Quaderni ASNP, 17-18).

Stemma Comune Monasterace

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